Finisce con l’augurio di Caro amico ti scrivo “e senza grandi disturbi qualcuno sparirà,
saranno forse i troppo furbi
e i cretini di ogni età” lo spettacolo “Aspettiamo senza avere paura domani” con Sasà Calabrese, Dario De Luca e Daniele Moraca al Teatro Grandinetti per la rassegna Vacantiandu 2024 /2025.
Una lunga storia di canzoni stupende, cantate magnificamente da professionisti bravissimi con un filo conduttore che inizia dalle prime prove di Lucio Dalla con il clarinetto suonato in modo ritmico e poi a sostituire Pupi Avati in una grande band e a far parte dei Flippers storico gruppo di persone che saranno grandi della musica.
Spinto da Gino Paoli va al Cantagiro e il suo esordio è traumatico. Durante le varie esibizioni, nelle quali presenta la canzone “Lei (non è per me)”, ogni sera raccattava una buona dose di fischi e di pomodori, uno spettacolo nello spettacolo, che durò quanto la manifestazione. Lucio però tenne duro e va a Sanremo, prima con “Paff bum” e poi con “Bisogna saper perdere”. Cantandola proprio su come bisogna reggere l’umiliazione di non essere compresi, cantando come non bisogna darla vinta a chi vorrebbe tarpare le ali. Quello stesso anno a Sanremo la morte di Tenco che non regge all’umiliazione della mediocrità, e Lucio Dalla suo amico gli scrive “È vietato morire per una umiliazione Ma chissà se lo sai Forse tu non lo sai. L’umiliazione che gente infima e mediocre perpetua sugli spiriti sensibili con la prepotenza e l’arroganza resta sempre un atto che bisogna saper guardare da lontano. E guardare lontano”. Chissà chissà futura E il dolore ci cambierà e l’amore ci salverà. Ma più che l’amore ci cambierà A modo mio quel che ho fatto l’ho voluto io di Piazza grande intonata da tutti nell’affermare la dignità di tutte le persone senza dimora, senza titoli, ma con una piazza grande oltre le strettoie dell’avere o non avere un potere. Nel canto corale di Piazza Grande termina la prima parte e si riprende con un Lucio ormai una star da concerti affollatissimi, con Lucio a Berlino, con Lucio contro la guerra, anch’essa una insensatezza inflitta ai popoli da gente miserevole che usa il potere per infliggere l’umiliazione, la distruzione, la tortura. Se lui fosse un angelo direbbe a Dio di non perdonare i potenti, “Se io fossi un angelo
Con lo sguardo biblico li fisserei
Vi do’ due ore, due ore al massimo
Poi sulla testa vi piscerei” ecco il gioco ironico dell’arte che permette sempre di trovare il varco per uscire verso la felicità. Ah felicità!
Avevo già visto questo spettacolo. L’ho trovato forse meno teatrale e più cantato, rispetto a come lo ricordavo, meno scanzonato come se avesse perso quella giocosità e quel riderci su che ho ritrovato solo un po’ verso la fine, però magari era l’atmosfera del teatro a far indossare ai tre bravissimi interpreti un abito “istituzionale”. Nella felicità che nella notte di fretta passa e va, canticchiando anche noi andiamo via dal teatro della città.
Ippolita Luzzo