Emozioni e applausi per il progetto della FITA a Lamezia che ha visto la partecipazione di 20 ragazzi, la metà dei quali con disabilità

Emozioni e applausi per il progetto della FITA a Lamezia che ha visto la partecipazione di 20 ragazzi, la metà dei quali con disabilità

Condividi

Emozioni e applausi per il progetto della FITA a Lamezia che ha visto la partecipazione di 20 ragazzi, la metà dei quali con disabilitàEmozioni e applausi al Grandinetti di Lamezia Terme per una delle tappe italiane del progetto Insieme – Gli strumenti del Teatro per l’inclusione Sociale.  Ideato e realizzato dalla FITA (Federazione Italiana Teatro Amatori), con il contributo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il progetto vede la realizzazione di ventuno laboratori teatrali in tutte le regioni d’Italia, nel corso dei quali, viene offerto a giovani teatranti e appassionati un’esperienza con il teatro amatoriale come opportunità di incontrare persone in situazioni di disagio o di fragilità e coinvolgersi con loro in un’attività ludico-ricreativa finalizzata al benessere.

La tappa di Lamezia, realizzata da FITA con il MLPS, con la collaborazione di Progetto Sud e dei Vacantusi, ha coinvolto 20 ragazzi, di cui 10 diversamente abili, tutti appassionati all’arte teatrale che hanno portato in scena lo spettacolo “Mamma li Turchi”.

«I ragazzi protagonisti di questa esperienza hanno in primis portato in scena la testimonianza di quanto sia importante il teatro – ha commentato il presidente FITA Carmelo Pace – . Teatro comestrumento per la coesione sociale, ma anche strumento per superare difficoltà presenti in ogni essere umano, per motivi fisici o psichici. Questo progetto dimostra come il teatro sia uno strumento per il sociale ed è il luogo di socialità per eccellenza, dal teatro si può crescere insieme e credo fermamente che il teatro amatoriale, in questo particolare periodo storico, possa essere il volano per la ripartenza del settore».

Lo spettacolo, portato in scena al Teatro Grandinetti, è il risultato di 3 giornate laboratoriali in cui ogni ragazzo ha avuto modo di confrontarsi con gli altri e con sé stesso per costruire insieme qualcosa di speciale che parlasse proprio della loro terra e della loro storia.

«L’esperienza vissuta nei tre giorni ci ha visto mettere insieme le nostre risorse ha permesso ad ognuno di contribuire per quello che ha potuto a questa esperienza, ed è questo il senso dell’inclusione:cercare di lavorare insieme per una finalità, in questo caso artistica» ha commentato Matteo Corbucci, formatore del progetto e docente di psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione.

«Ognuno ha contribuito per quello che ha potuto all’inclusione​. In questo caso è stato il racconto di una leggenda popolare e questo è molto importante per i ragazzi, sia perché hanno avuto un contatto con alcuni elementi della loro cultura e della loro regione di provenienza, ma anche perché si sono potuti aiutare l’uno con l’altro. Hanno imparato l’uno dall’altro e la forza di uno diventa la forza di tutti. Così si vincono le paure, si superano i propri limiti. Ognuno di loro ha potuto scegliere una propria modalità espressiva e con quella sperimentarsi» conclude Corbucci.


Condividi