“Mentre venivo qui, ho pensato che la vita riserva sorprese: questa chiesa, che oggi riapriamo al culto, è stata consacrata dal vescovo che mi ha ordinato presbitero”.
Così, stasera, il vescovo, monsignor Giuseppe Schillaci, amministratore apostolico della Diocesi di Lamezia Terme, nel corso della celebrazione eucaristica per la riapertura al culto della chiesa Beata Vergine del Rosario, dopo il restauro, effettuato grazie anche ai contributi dell’8xmille, nel corso della quale è stato anche celebrato il rito di dedicazione dell’altare e la benedizione del fonte battesimale.
Vi è un legame indissolubile, quindi, tra questa chiesa, incastonata nel cuore della città, a due vescovi a loro volta uniti da un legame, quale è quello che ci crea tra un vescovo ed un presbitero nel momento della sua ordinazione. Un momento importante, quella dell’ordinazione, per la vita di un sacerdote come importante, per la vita della Chiesa, è la riapertura al culto di una chiesa. Da stasera, quindi, vi sarà un legame in più tra la Diocesi di Lamezia ed il Vescovo, monsignor Giuseppe Schillaci, grazie alla presenza, nella vita di entrambi, di monsignor Domenico Picchinennache non poteva mai immaginare che un suo presbitero, a distanza di anni, avrebbe riaperto al culto una chiesa da lui consacrata.
“La Chiesa – ha detto monsignor Schillaci – siamo tutti noi, popolo di Dio in cammino. Un popolo che vive questa comunione, questa unione”. Commentando il brano del Vangelo, monsignor Schillaci ha invitato a riflettere sulla frase “e benché fossero tanti la rete non si squarciò”, ricordando che papa Benedetto XVI ad inizio del suo pontificato, facendo riferimento alla stessa frase disse che “‘purtroppo questa rete si è squarciata’ e l’abbiamo squarciata e la squarciamo noi quando regna la divisione, l’ostilità, la guerra. Noi abbiamo bisogno di ricucire questa rete che si squarcia, ciascuno con le proprie capacità e solo nel Signore, che scende al nostro livello, che ci ama e ci dona sé stesso, possiamo trovare la nostra forza di essere, oggi, segno del nostro tempo, di questa comunione, di questa unione”.
Quindi, la sollecitazione ad “ascoltare i più giovani, i ragazzi” ad investire su di loro: “I ragazzi non sono più nelle nostre chiese – ha detto -, nei nostri oratori. Andiamo a cercarli. Ascoltiamo tutti, soprattutto quelli che riteniamo più lontani e facciamolo tutti. È il Signore che ce lo chiede. Il discepolo che Gesù amava indica la strada e la fragilità di Pietro è la nostra fragilità. Il Signore ha bisogno di comunità che vivano e mettano in pratica questo bene”.
Infine, l’augurio: “La Chiesa di Lamezia possa essere sempre più credibile, in comunione, unita che partecipa, che è capace di uscire per non rimanere chiusa in una logica di conservazione, che è capace di rischiare”.