L’associazione “Le Città Visibili” in visita al Museo di Mino Reitano a Fiumara

L’associazione “Le Città Visibili” in visita al Museo di Mino Reitano a Fiumara

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“Sul pullman i successi di Mino Reitano fanno da sottofondo alla visita che Le Città Visibili hanno dedicato al paese natio del cantante (San Pietro di Fiumara) e a Borgo Croce, entusiasmante esempio di colori, accoglienza, originalità e tenacia, a pochi chilometri da Fiumara, la nostra prima tappa, dove veniamo accolti dal signor Vincenzo Pensabene, presidente dell’Associazione Amici di Mino Reitano onlus, e da Emanuele Camaroto del Museo di Mino Reitano. Ascoltiamo un commosso ed emozionante racconto della storia della famiglia Reitano; la loro fortuna, seppur intervallata da lutti e difficoltà, si deve a papà Rocco, determinato e cocciuto.


Giovane sposo (17 anni) della bellissima quattordicenne Giuseppina, ebbe da lei cinque figli; Giuseppina li lasciò giovanissima, quando Mino aveva solo tre anni. Da sempre appassionato di musica, Rocco fonda la banda musicale di S.Pietro di Fiumara in cui egli stesso suona il clarinetto e svolge molti lavori: droghiere, vigile urbano e, infine, vinto un concorso alle ferrovie, si trasferisce a Reggio con i suoi figli. Iscrive e diploma al Conservatorio i cinque ragazzi; Mino (diminuitivo di Beniamino, nome scelto in omaggio al cantante Gigli) studiò violino e sin da piccolo dimostrò anche di saper cantare. I fratelli formarono un gruppo musicale, l’“Orchestra Fata Morgana dei Fratelli Reitano”; il debutto in pubblico avvenne il 7 dicembre 1955 e Beniamino, undicenne, partecipava anche cantando simpatiche canzoncine; con tale formazione, i fratelli si esibivano in feste di piazza, in locali da ballo e in vari matrimoni in Calabria e Sicilia. Nel 1960 l’orchestra diventò la “Franco Reitano and his Brothers” ed iniziò ad incidere dischi con la Fonit Cetra. La serietà, la disciplina e la professionalità di tutti i componenti fecero sì che l’evoluzione dell’orchestra fosse in continuo crescendo e portò un periodo di successo e di partecipazioni anche in vari programmi della RAI. Seguì un periodo di alterne vicende, tra cui la perdita della sorella ventenne, cantante del gruppo. Dopo qualche tempo Mino accettò un contratto di tre mesi presso il “Night Club Tabù” di Amburgo in Germania, in una formazione che diventò “Beniamino Reitano e i 5 del Sud”. Nel 1961, gli altri tre fratelli Antonio, Franco e Gegè, raggiunsero Mino, insieme al chitarrista Franco Minniti e cambiarono la denominazione in “TanzKappelle Beniamino Reitano and his brothers”. Iniziò, così, un periodo di grandi successi nelle più importanti città della Repubblica Federale Tedesca, dove Mino conobbe i Beatles (che a quel tempo si chiamavano The Silver Beats) che riincontrò, anni dopo, a Sanremo. Nel 1965 Mino tentò la strada di un concorso canoro in Italia, quello di Castrocaro Terme. Ancora con il nome Beniamino Reitano, pur non entrando nella rosa dei dieci finalisti del 1966, venne comunque notato e scritturato per cinque anni dalla Casa Ricordi, con la quale cominciò l’avventura verso il primo “Festival di Sanremo” del 1967. La casa discografica attribuì a Beniamino il nome d’arte di Mino Reitano e scelse per lui la canzone “Non prego per me” di Mogol-Battisti, eseguita in coppia con un gruppo inglese, “The hollies”; l’evento passò inosservato e la Ricordi fece un secondo tentativo portando Mino al “Cantagiro” dello stesso anno col brano “Quando cerco una donna”(Mogol-Rossi),classificatosi quarto. A questo punto, i fratelli ripresero l’attività di orchestra con la denominazione “Mino Reitano and his brothers” e seguirono anni di progressivi successi e affermazioni fino alla svolta, nel 1968, con la partecipazione al “Cantagiro”, in cui Mino si classificò secondo con il brano “Avevo un cuore (che ti amava tanto)” di Franco e Mino Reitano (su versi di A. Salerno, pubblicato con il lato b “Liverpool addio”, che ottenne anche un certo successo grazie alla promozione effettuata in radio da Renzo Arbore). Il brano vendette oltre 700.000 copie in meno di tre mesi e Mino divenne un idolo della gente grazie alle indubbie doti canore, ma anche alla sua semplicità e al forte impatto di scena. Si susseguirono anni di riconoscimenti in diversi programmi televisivi come “Settevoci” di Pippo Baudo, “Canzonissima”, “Un disco per l’estate” e rassegne canore, “Festival di Sanremo” e “Cantagiro”. I successi furono innumerevoli (basti pensare a “Una ragione di più”, cantata da Ornella Vanoni); tanti di essi divennero sigle, altri, simbolo della forza di un Sud che se cade si rialza e sa comunque riemergere, riprendendo a testa alta il suo cammino (“Calabria mia”, L’uomo e la valigia”, “Gente di Fiumara”, per citarne solo alcuni). Mino, ormai famoso in Italia e nel mondo, nel 1975 venne ricevuto da Frank Sinatra negli Stati Uniti: fu la prima volta che un cantante europeo riuscì a incontrare il grande artista americano e la stampa riportò la notizia con grande rilievo. Sempre umile, discreto, profondo, Mino rimase legatissimo a Fiumara, che grazie a lui divenne famosa nel mondo, e alla Calabria, dove tornava frequentemente e con gioia, trascorrendo il tempo con parenti e amici che non lo hanno mai dimenticato e con i quali amava parlare in dialetto.

Foto, documenti e cimeli di tutto questo sono orgogliosamente conservati nel Museo che porta il suo nome e che abbiamo visitato e apprezzato durante la nostra visita. Nel viaggio di ritorno abbiamo cantato tante delle sue canzoni più belle, fieri, anche noi, che Mino rimanga sempre nel cuore della sua gente, con gratitudine e affetto.

La visita prosegue, poi, nella parte antica di Fiumara, sotto la guida di Mimmo Santagati. Fiumara è costituita da cinque storiche frazioni: San Rocco, San Nicola, San Pietro, Torre e Croce. Sede dell’amministrazione comunale è San Nicola; il nucleo storico e autentico è il rione Terra, dove si trovano la Chiesa dell’Immacolata, originaria sede arcipretale, i ruderi del Castello dei Ruffo di Calabria e il Palazzo dei Catalani, attualmente in restauro. Di quest’ultimo ammiriamo i capitelli che decorano la parte inferiore di alcuni balconi e la fontana in pietra, di fronte all’ingresso principale. Domenico ci mostra, a distanza, il rione San Rocco in cui è presente la chiesa dell’omonimo santo e il convento dei Cappuccini oggi non più attivo. Fiumara ha origine tra il IX e X secolo come piccolo borgo formatosi per il sopraggiungere di varie comunità che, allontanatesi dal litorale, cercarono di proteggersi dai pirati saraceni spostandosi verso l’interno. Inizialmente la località si chiamava Cenisio, in memoria dell’antica Cene da cui provenivano i primi abitanti, e fu intorno al 1200 che il borgo cominciò a chiamarsi Fiumara della Mura, per le fortificazioni in esso presenti. Il luogo è stato teatro di varie incursioni (tra cui quella di Barbarossa) ed eventi sismici; storicamente ha subito il dominio dei Ruffo, dei Sanseverino, del conte di Terranova e, dal 1474, di Bertoldo Carafa. Fino alla fine del XVIII secolo, Fiumara era una delle comunità più estese e sviluppate del reggino, acquisendo il titolo di Università, e vantava un passato di vivace centro produttivo, commerciale e agricolo (allevamenti di baco da seta, produzione di sete lavorate nelle due filande qui esistenti, esportazione del prezioso tessuto in Calabria e Sicilia) oltre che di presidio territoriale nell’amministrazione feudale ed ecclesiastica.

All’interno della Chiesa dell’Immacolata ci guida il professor Antonino Germanò; edificata al posto della precedente chiesa esistente già nel 1481, andata distrutta a seguito del sisma del 1783, l’edificio attuale è stato costruito nel 1784 su progetto dell’ingegnere reggino Porchi. Oggi presenta una sola navata mentre, in passato, era più ampia, essendo anche chiesa Matrice e sede della Comuneria. Al fondo dell’abside si trova un olio su tela di gran pregio che raffigura l’Immacolata attorniata dagli angeli musicanti e dai vari simboli collegati ai nomi con cui la Madonna viene invocata nelle diverse preghiere. L’altare maggiore, proveniente dall’antica chiesa, sopravvissuto al terremoto del 1783, è rivestito di marmi siciliani in prevalenza rossi. Sulla porta di ingresso è collocata la cantoria dal movimento ondulato e sostenuta da due grandi mensole. I colori degli ornamenti sfruttano la delicata bicromia del color travertino e del cilestrino. Il pavimento era originariamente in cotto, come si nota all’ingresso sulla sinistra; sono presenti, oltre all’importante statua di San Giuseppe, che qui viene festeggiato nella domenica successiva al 19 marzo, una serie di antiche vare inutilizzate, un pulpito in noce e una notevole statua in cartapesta dell’Immacolata. La visita prosegue con la navetta locale per Borgo Croce che vi racconteremo nel prossimo articolo…

Ringraziamo cordialmente per la calorosa accoglienza Vincenzo Pensabene, Emanuele Camaroto, Francesco Chirico per l’organizzazione della giornata Don Giuseppe Repaci e il professor Antonino Germanò”.

cronaca della giornata a cura dell’Associazione 

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