L’Associazione “Le Città Visibili” fa tappa a Paola

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Siamo impazienti di raggiungere Paola e riabbracciare il nostro amatissimo Padre Vincenzo Arzente, che ci attende per un tour inconsueto all’interno del Santuario e del Convento di San Francesco. Ci accoglie uno per uno con un grande sorriso e un abbraccio, come si fa con gli amici più cari, e non vede l’ora di mostrarci le meraviglie custodite in questo luogo suggestivo e raccontarci San Francesco come solo lui sa fare.
Giungendo al Santuario di Paola ci si sente pervasi da una intensa spiritualità, una pace interiore che placa ogni tumulto del cuore. Percorrere i luoghi in cui San Francesco ha vissuto, predicato e pregato è ogni volta emozionante, anzi, forse, lo è ogni volta di più. Incontriamo, poco dopo, con grande gioia, Padre Francesco Di Turi, che ha vissuto a Lamezia diversi anni ed è stato anche insegnante di Filosofia di alcuni di noi. Nonostante la presenza di numerosissimi gruppi, tutt’intorno c’è grande ordine e grande compostezza. Ci avviamo verso la Chiesa antica, dove Padre Vincenzo riassume le tappe della vita di San Francesco e ci indica le reliquie custodite nella Cappella barocca: alcuni indumenti, frammenti di ossa, un dente. Soprattutto, come è solito fare, parla del Santo sottolineandone il carisma, la personalità, lo slancio spirituale, il rigore morale ma anche l’immensa dolcezza; un uomo umile, semplice che ha fatto tremare i potenti del tempo. Ci rechiamo, subito dopo, nella parte antica del Convento e percorriamo il Corridoio dei Padri, su cui affacciano le celle un tempo occupate. Il bellissimo soffitto in legno, recentemente recuperato, è dipinto con scene del Vecchio Testamento e con decorazioni floreali. Padre Vincenzo ci invita a visitare la cella contrassegnata dal numero 10, dall’arredamento essenziale e spartano, occupata dal venerabile Bernardo Maria Clausi da S. Sisto fino al momento della sua morte, avvenuta nel 1849. In fondo al corridoio si staglia la porta in legno, posta tra due figure che rappresentano la patristica latina e greca, quella di S. Agostino e quella di S. Giovanni Crisostomo, che dà accesso alla Biblioteca Antica; sulla sinistra, lievemente rialzata, spicca una gattaiola, che consentiva, evidentemente, l’accesso ai gatti che proteggevano i testi dall’avvento di sgraditi roditori. I lavori di costruzione di questa Biblioteca iniziarono nel 1677 e vennero completati nel 1779, come si legge sull’iscrizione posta sulla porta d’ingresso. L’interno è un ampio spazio quadrato, illuminato da due ampie balconate, con ringhiere barocche in ferro battuto, da cui si scorge il mare, in lontananza. Le pareti sono completamente ricoperte da una superba scaffalatura in legno di noce intagliato e dorato che conserva manoscritti e opere rare. Padre Vincenzo ci spiega che in questa sezione della Biblioteca sono conservati gli incunaboli, le cinquecentine e gran parte dei libri antecedenti al 1850. Un ritratto di Padre Bonaventura Barbieri, fondatore della Libreria, ci osserva dall’alto. Per il valore e la rarità dei testi qui contenuti, la sala non è aperta al pubblico, ma svolge soltanto una funzione museale e siamo profondamente grati a Padre Vincenzo che oggi ci ha consentito questa visita speciale. Veniamo successivamente condotti nella Sala del Coro ligneo (dove al momento sono in atto lavori di manutenzione), in cui ancora si recitano alcune liturgie delle ore, e poi nell’atrio superiore del convento antico, che ospita le statue in marmo di san Francesco e di san Michele Arcangelo; l’ambiente è decorato da 12 colonne in pietra locale con capitelli corinzi e un’ampia vetrata consente di spingere lo sguardo fino al mare. La “zona dei miracoli” ci attende e ci rechiamo alla fornace, primo luogo simbolo in tutta la storia del nostro Santo. La nostra incommensurabile guida ci offre un’ulteriore chiave di lettura degli elementi di questi miracoli: il fuoco, l’acqua, la terra sono gli elementi della Creazione e come tali hanno significati più profondi. Il fuoco, che San Francesco affronta a mani nude nel miracolo della riparazione della fornace e che in quello della resurrezione dell’agnellino restituisce Martinello, arrostito dagli operai affamati, rappresenta la forza dell’amore e della persuasione. Lo sgorgare miracoloso dell’acqua della “Cucchiarella”, che Francesco fece scaturire colpendo con il bastone la roccia e in cui resuscitò la trota Antonella, riporta immediatamente all’acqua come elemento di salvezza (il Battesimo), di purificazione, di ritorno alla vita. Recentemente, una serie di studi e di analisi hanno provato che quest’acqua possiede le stesse proprietà curative di quella di Lourdes. La lotta tra il bene e il male è facilmente leggibile nell’episodio del Ponte del Diavolo, che Francesco sconfisse con l’arguzia, la forza della sua Fede e l’aiuto divino. La Grotta della Penitenza, in cui Francesco, ancora giovanissimo, si ostinò a ritirarsi per vivere da eremita, rappresenta il contatto diretto con la terra, a cui tutti ritorneremo e di cui siamo fatti, e il memento per ricordarci da dove veniamo e dell’importanza di restare sempre umili. Il miracolo delle pietre bloccate da San Francesco, sfidando la forza di gravità, perché non schiacciassero gli operai che stavano lavorando nella zona sottostante, rappresenta, come se non bastasse tutto il resto, che “A chi ama Dio tutto è possibile”. Si è fatta sera e, dopo aver attraversato il romitorio (risalente al 1436), cunicoli sotterranei che costituirono il primo nucleo di cenobio per Francesco e i suoi confratelli, ci rechiamo nella Chiesa antica per ricordare con una messa celebrata da Padre Vincenzo, la nostra socia, amica e compagna di viaggio Concettina, che ci ha lasciati da poco. Tutto è silenzioso, gli altri gruppi sono andati via, il piazzale è vuoto e noi siamo concentrati nelle nostre preghiere. È la giusta conclusione di una giornata intensa, intrisa di emozioni, suggellata dalle parole profonde e sferzanti del nostro celebrante che ci invita a continuare a camminare insieme, chiedendo al Signore di aiutarci a riservare nella nostra vita uno spazio sempre più ampio in cui custodirlo, perché se Dio entra nel nostro cuore noi riusciremo sempre a guardare l’altro come un fratello, mettendo da parte un po’ di noi stessi, e ad essere costruttori di pace e non di guerra, se Dio entra nel nostro cuore noi riusciremo a possedere dentro di noi la stabilità del bene che ci porta a non avere paura di nulla, a dire di sì e a guardare sempre con speranza al nostro futuro. Torniamo a casa più ricchi e più consapevoli, con una luce nuova negli occhi e nel cuore. Grazie Padre Vincenzo per aver reso questa giornata davvero unica.

racconto a cura dell’associazione 

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