“Mentre le indagini sulla strage di Steccato di Cutro si sono concluse e dovrà essere ora la giustizia a stabilire quali responsabilità nella catena di comando dei soccorsi, anche politiche, ci siano dietro la tragedia avvenuta a poche decine di metri dalla costa, non possiamo come Cgil non stigmatizzare il fatto che un altro dramma, quello legato al naufragio di Roccella Ionica dello scorso giugno, sia passato inspiegabilmente sotto traccia. L’ennesimo viaggio della speranza finito in tragedia a più di 110 miglia dalla nostra costa: undici i soli sopravvissuti, 41 morti accertati di cui 26 bambini, 35 i dispersi. Ad oggi la più grave tragedia dell’immigrazione del 2024. Una strage silenziata perché le morti in mare non fanno più clamore e meno se ne parla meglio è”.
Lo afferma la Segretaria Cgil Calabria con delega all’Immigrazione Celeste Logiacco la quale spiega quanto “il susseguirsi in mare di sbarchi e vite inghiottite dalle onde sia la dimostrazione plastica dell’inefficacia del decreto Cutro che sin dall’inizio come sindacato abbiamo ritenuto non idoneo. Varato come risposta alle stragi nel Mediterraneo, il decreto in realtà non affronta in alcun modo le vere cause che in questi anni hanno portato alla morte in mare di migliaia di persone. Al contrario, prevede condizioni giuridiche peggiorative per coloro che arrivano in Italia ed accresce le situazioni di irregolarità ed esclusione anche di chi è già da tempo sul territorio nazionale”.
“Alla pari di altri interventi legislativi, il decreto affronta la questione partendo dall’equazione tra criminalità e fenomeno migratorio. Allo stesso tempo da anni non viene rovesciato il paradigma più importante: gli sbarchi non sono un’emergenza e i flussi migratori sono un elemento sistemico all’interno di una visione globale del mondo. Finché tutto questo non verrà tenuto in considerazione ogni intervento sarà solo un palliativo che non contribuirà né ad arginare il fenomeno, né a ridurre le morti in mare” commenta ancora la Segretaria.
“Pochi giorni fa l’identificazione dei resti del corpicino del piccolo Anas di soli 6 anni, recuperato in mare il 14 aprile scorso nelle acque di Lamezia Terme, annegato nel naufragio tra il 5 e il 6 febbraio insieme al suo papà, ancora oggi disperso, nel vano e disperato tentativo di raggiugere la Sardegna. Donne, uomini e bambini in fuga dalla fame e dalla guerra le cui storie testimoniano drammaticamente come la mancanza di canali legali e sicuri siano la causa diretta della loro morte. Ancora una volta, mentre nel Mediterraneo si continua a morire, chiediamopolitiche eque ed efficaci sull’immigrazione e sul diritto di asilo, canali legali di ingresso e corridoi umanitari. Chiediamo l’abolizione della legge Bossi-Fini e l’abbandono delle politiche di esternalizzazione. Chiediamo chiarezza, verità e giustizia per le centinaia di migranti morti di stenti e di fame, per tutti coloro che si sono affidati alle onde e a traversate su mezzi impropri per cercare un futuro migliore. Ce lo aspettiamo dal processo sulla tragedia di Cutro. Al contrario del ministro Salvini o di chi si schiera senza se e senza ma per ottenere facile consenso, noi, non dimenticando che i militari italiani nel semestre precedente alla strage di Cutro hanno salvato 36.500 migranti, pretendiamo solo chiarezza e un processo giusto ed equo che dica se quella strage poteva essere evitata e in cui, se possibile, si evitino affermazioni eclatanti decisamente disumane nel rispetto del dolore di tutti. Stiamo parlando di vite umane ed è nostro dovere lottare anche – conclude – quando un cambiamento sembra lontano: non si può restare indifferenti, non può diventare normalità”.