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Lamezia Terme, concluso il laboratorio “Intrecciando, la Terra Cura”

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Conclusi i lavori del laboratorio di fattoria sociale “Intrecciando”, nell’ambito de “La Terra Cura” dell’Associazione Comunità di Volontariato SS. Pietro e Paolo di Lamezia Terme, progetto finanziato con il fondo “per il finanziamento di iniziative e progetti di rilevanza locale ai sensi degli ARTT. 72 e 73 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n.117”. Il percorso, articolato in cinque giornate, facenti seguito ad altre cinque dedicate alle piante aromatiche, ha preso forma presso l’azienda agricola lametina Apicoltura Miceli.

Nel corso dell’ultimo appuntamento tutti i partecipanti hanno potuto completare e portare a casa il proprio panaro, realizzato secondo la tipica tradizione nicastrese.

Una piccola magia: dal nulla creare qualcosa di utile, attraverso la natura. C’era chi non voleva fermarsi neanche per il caffè, chi era pronto anche a fare la scampagnata per cercare i materiali, chi non riusciva a capire ma alla fine è riuscito…una mania positiva, costruttiva, che permette anche di lavorare sulle insicurezze o di “liberare” manie di perfezionismo. Come da titolo del Progetto “La Terra cura” ma, soprattutto, come spesso avviene per i rimedi naturali, può prevenire e risulta essere un efficace mezzo per abbattere le barriere e lo stigma legato alla malattia mentale, alla diversità, al disagio sociale in genere.

La psicologa del Progetto “La Terra Cura”, precisa che “promuovere la salute e il benessere attraverso “l’occupazione”, ovvero l’utilizzo delle attività quotidiane, manuali e ludiche, è utile per migliorare le capacità di adattamento fisico, cognitivo, sociale e psicologico della persona. L’intreccio dei cestini ha permesso agli utenti di incontrarsi e svolgere in gruppo l’attività, ma anche di sperimentare e riconoscere le proprie capacità e aumentare la propria autostima. Da un lato c’è lo sviluppo della motricità fine, delle abilità manuali e della creatività, stimolata dal fatto di utilizzare differenti materiali. Dall’altro è un punto di riferimento per gli utenti, in quanto mira allo sviluppo della socializzazione, delle abilità comunicative più funzionali e dell’integrazione. Il laboratorio rappresenta uno spazio protetto in cui le persone, supportate dagli operatori, possono sperimentarsi nel rapporto con l’altro, possono acquisire nuove abilità di interazione e di socializzazione”.

“È stata un’esperienza che mi ha personalmente sorpreso per il grande interesse suscitato- afferma il presidente dell’Associazione Comunità di Volontariato SS. Pietro e Paolo, Antonio Mangiafave- abbiamo subito raggiunto il numero massimo di partecipanti e purtroppo tanti sono rimasti fuori. Speriamo, quindi, di poter in futuro organizzare nuovi laboratori su questo tema. Mi ha colpito tantissimo la voglia d’imparare e di fare dei partecipanti, siamo stati tutti impegnati in mattinate generative e rigenerative. Abbiamo non solo realizzato cesti, ma anche intrecciato relazioni e antichi saperi”.

Dopo anni di Covid, dove ancora si ha paura dell’altro, del “contatto”, del “contagio”, intrecciare ti spinge a toccarci, a interagire, a crescere. È un mondo in cui chi è più anziano non è boomer, ma saggio: una guida che ci mostra la via anche quando pensiamo di essere diventati super-bravi. Con un grande sorriso ad ogni consegna di manico aggiustato la Signora Rosa, mastra cestaia del Progetto, illumina la stanza. Tra le gambe ha già un altro cestino e riesce a lavorare entrambi quasi contemporaneamente, persino a buttar un occhio ad un terzo: una forza della natura e da questa, soprattutto, intreccio a parte, non si finisce mai d’imparare!


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