Un giudice ucciso nel quadro di un patto “segreto” siglato tra Cosa nostra siciliana e la ‘ndrangheta. Si chiamava Nino Scopelliti e fu assassinato il 9 agosto del 1991 a Campo Piale, in territorio di Villa San Giovanni. Il magistrato, , sostituto procuratore generale in Cassazione, avrebbe dovuto sostenere l’accusa davanti alla Corte di legittimità nella fase conclusiva del maxiprocesso di Palermo: qualcuno l’uccise prima per lanciare un chiaro messaggio di terrore allo Stato. Fu il primo atto con cui i corleonesi dichiararono guerra alle Istituzioni.
Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato ucciso, ha inaugurato ieri a Mongrassano il Centro polivalente che è stato intitolato al padre. Ad accoglierla il sindaco del piccolo centro del Cosentino, Ferruccio Mariani. “Mio padre – ha detto Rosanna Scopelliti scoprendo la targa d’intitolazione – aveva scelto da che parte stare. Amava il suo lavoro e considerava il ruolo di magistrato una funzione svolta a favore della libertà, della legalità e della giustizia”.
Ricco di spunti e riflessioni l’incontro svoltosi, subito dopo la cerimonia, all’interno della struttura. A confronto con decine di studenti e sei sindaci della zona, uomini delle Istituzioni che operano in settori diversi e il prete lametino, don Giacomo Panizza.
Il questore di Cosenza, Michele Spina, ha sottolineato l’importanza simbolica della intitolazione del Centro polivalente al magistrato perchè “consente di esaltarne la figura e perpetuarne la memoria”. Il procuratore capo di Castrovillari, Alessandro D’Alessio, ha ricordato il complesso contesto storico-criminale “l’intreccio tra due diverse mafie” – in cui Scopelliti venne assassinato. “Era un uomo che svolgeva seriamente il proprio lavoro – ha detto D’Alessio – tenendo la schiena dritta come dovrebbe essere in una condizione di normalità. Viviamo purtroppo, in molti i settori, una mancanza di normalità che espone a gravi rischi quanti svolgono con caparbietà e serietà il loro lavoro ponendoli di fronte a pericolose conseguenze. Avremmo bisogno di una normalità che non renda straordinario e rischioso quello che professionalmente si è chiamati a fare. A volte – ha aggiunto – si ha timore più di chi ci sta a fianco o dietro che dei criminali”.
Il ricordo della statura professionale di Nino Scopelliti è stato tracciato da Margherita Saccà, componente della Giunta esecutiva distrettuale di Catanzaro dell’Associazione nazionale magistrati. La Saccà ha parlato dell’isolamento che si può spesso vivere svolgendo le proprie funzioni giudiziarie e, a volte, della impopolarità che certe scelte possono determinare. Il magistrato ha letto pure una frase tratta dal diario personale di Nino Scopelliti che è contenuta nella pubblicazione prodotta dalla magistratura per ricordare i togati rimasti vittime del terrorismo e delle mafie.
Il comandante del Reparto operativo provinciale dei carabinieri di Cosenza, il tenente colonnello Dario Pini, ha ricostruito il complesso contesto mafioso in cui il delitto maturò ripercorrendo la violenta ascesa dei corleonesi in Sicilia e la stagione dell’attacco allo Stato. “Una stagione – ha detto l’ufficiale dell’Arma – segnata da lutti, ricatti e attentati”.
A concludere i lavori è stato don Giacomo Panizza, prete coraggio di Lamezia Terme, che ha raccontato della sua esperienza pastorale in Calabria, delle difficoltà incontrare e delle minacce ricevute, sottolineando quanto nella nostra regione vi sia bisogno “della sicurezza pubblica e della sicurezza sociale. Due cose – ha detto – che devono camminare di pari passo perchè si possa vivere in modo pacifico”.