Dal 26 al 28 novembre 2021, si terrà nel centro storico di Guardia Piemontese la terza edizione del “Festival delle Riforme Culturali” (CFR), dopo un anno di fermo dovuto alla Pandemia da Covid 19.
Il Festival è stato organizzato con i fondi otto per mille della Chiesa Valdese, grazie ad un finanziamento ottenuto dal Centro Culturale Gian Luigi Pascale e intende porsi come riferimento nazionale e, in prospettiva, internazionale per tutte quelle persone, giovani e meno giovani, che si riconoscano nell’istanza di produrre o incoraggiare cambiamenti culturali edificanti nella società contemporanea.
Non si tratta di una rassegna incentrata su eventi spettacolari o di grande richiamo mediatico. Il CFR privilegerà l’incontro autentico, di qualità, tra persone motivate; il confronto, il dialogo e l’approfondimento di temi di grande rilevanza e urgenza, che il Festival, di edizione in edizione, si sforzerà di collegare intimamente tra loro.
Oltre che possedere un’alta valenza simbolica, quanto mai coerente con lo spirito del CFR, lo scenario del Festival è un luogo di eccezionale bellezza paesaggistica e di straordinaria ricchezza culturale: Guardia Piemontese, isola occitana in Calabria, è una comunità di origine valdese (XIV secolo), teatro di una repressione religiosa particolarmente violenta all’epoca della Controriforma e scrigno che conserva sorprendenti sopravvivenze linguistiche e naturalistiche.
Il titolo di questa edizione è: «Presenza, distanza: attualità dell’amor de lonhe dell’estetica trobadorica».
Nel settecentesimo anno dalla morte di Dante Alighieri, questa edizione del Festival intende celebrare il Sommo Poeta proponendo una serie di iniziative culturali.
Il termine “occitano” si deve a Dante Alighieri, che nel 1303 nell’opera De vulgari eloquentia classificò per primo la lingua del sì, l’ italiano, la lingua d’oïl, o francese, e la lingua d’oc, l’occitano.
Pochi sanno che nella Divina Commedia il XXVI canto del Purgatorio finisce con otto versi in lingua d’oc(140-147), ossia l’occitano, e che questa è l’unica lingua straniera presente nel poema, a parte qualche parola di latino. Tale impiego dell’occitano non è solo un omaggio alla lingua in sé, che Dante considerava «la più perfetta e dolce»; poiché Dante condivideva profondamente i valori cantati dai trovatori, il suo volle essere un omaggio alla cultura di quella società. Gli otto versi sono stati messi in bocca al più importante dei trovatori, Arnaut Daniel. Non è tanto significativo quello che viene detto, significativo è che viene detto in occitano.
È un omaggio meritatissimo, perché la poesia dei trovatori in lingua d’oc è stata la prima poesia in Europa a essere scritta in lingua volgare, la lingua del popolo, della gente.
Nata in Occitania, la poesia trobadorica (o cortese) in lingua d’oc, viene riconosciuta e adottata in Europa come modello poetico volgare di maggior prestigio.
Nell’anno “dantesco” vogliamo interrogarci sul ruolo che le lingue minoritarie, identitarie, di prossimità possono svolgere per accompagnare il cambiamento dei modelli sociali e culturali contemporanei. Pensate tradizionalmente come «oggetti» o «patrimoni» da tutelare, oggi tali lingue-culture possono al contrario diventare avamposti di un nuovo modo di concepire le relazioni tra le persone, in seno a comunità nuovamente coese: integrando nuovi elementi (da sempre le lingue integrano i prestiti e da sempre evolvono attraverso il contatto tra gruppi umani diversi) e conservando e aggiornando una memoria talvolta molto antica.
Tre giornate ricche di incontri, confronti, conferenze; visite guidate al centro storico di Guardia Piemontese e al Museo Valdese; altre animazioni culturali: musica, letture, mostre; spettacoli teatrali, presentazioni documentari sulla lingua occitana e sulle minoranze linguistiche calabresi, Atelier, corsi di ghironda.
Tantissimi gli ospiti.