Venerdì 5 novembre si è svolta a Lamezia Terme la prima iniziativa ufficiale di presentazione al pubblico dell’ “Antico mulino delle fate”, nella valle del Torrente Canne (detto anche Fiume della Serra ossia “della montagna” poiché proviene dalle boscose alture del Gruppo del Monte Reventino), a breve distanza dal centro storico di Nicastro e, in particolare, dal quartiere di Niola con il Castello normanno-svevo. Negli scorsi mesi si erano già svolte delle iniziative che hanno coinvolto il mulino, in particolare passeggiate “narrate” e “musicate” in collaborazione con il Festival delle Erranze e della Filoxenia e con l’AMA Calabria.
Si tratta di un mulino ad acqua che il tempo e l’abbandono avevano ridotto ad un rudere simile ad altri presenti nella valle del Canne. Sennonché, qualche anno fa, due ingegneri originari di Lamezia ma residenti in Svizzera, Fabio Aiello con la moglie Anna, innamorati del luogo, hanno acquistato i ruderi con il bosco circostante ed hanno iniziato un lungo lavoro di recupero. Il mulino è stato così completamente restaurato, perfino nella sua parte meccanica, al punto che oggi produce farina come un tempo. Intanto Fabio e Anna hanno acquistato due asinelli che sono divenuti, ormai, “abitanti” ad ogni effetto del mulino, hanno iniziato il restauro ambientale di tutta l’area circostante, con l’aiuto dell’artista Maurizio Carnevali, dello storico Francesco Polopoli e dello scrittore Francesco Bevilacqua hanno anche prodotto un libro che racconta una leggenda ancora viva nel quartiere di Niola e che ha per protagonista proprio il mulino: quella della fata Gelsomina.
La valle del Torrente Canne, infatti, ricca di meraviglie naturali e rimasta sostanzialmente inalterata nei secoli nonostante la vicinanza alla città, ha sempre rappresentato per la gente di Nicastro un luogo misterioso e colmo di fascino. Le fate discendono direttamente dalle ninfe della tradizione greco-romana e possedevano poteri soprannaturali, fa cui la capacità di predire il futuro. Famose le Moire, che nel Macbeth di Shakespeare annunciano la sconfitta al re. Ma sono anche custodi dei luoghi, insieme ad un’altra divinità latina, il genius loci ossia lo spirito del luogo che, nella moderna architettura del paesaggio, ha assunto un significato nuovo: “il genius loci – ha detto Francesco Bevilacqua, che, per la Rubbettino, ha pubblicato un libro dal titolo «Genius loci, il dio dei luoghi perduti» – incarna l’auto-realizzazione del luogo, nel senso del principio di individuazione di Karl Gustav Jung, e, nello stesso tempo rappresenta l’identità estetica del luogo delineata da Paola d’Angelo. Il tutto con lo scopo di proteggere il luogo da manomissioni indebite e di farlo risorgere, in continuità con la sua storia e la sua funzione culturale ed ambientale”. Ed è proprio quanto hanno fatto Fabio e Anna con il recupero del mulino e del bosco circostante, destinati entrambi anche ad ospitare, con intento didattico e divulgativo, visitatori e scolaresche.
Durante l’iniziativa, organizzata dall’ “Associazione Culturale Amici dell’Antico Mulino delle Fate” e moderata da Nadia Donato e con la partecipazione di don Vittorio Dattilo, Fabio e Anna hanno raccontato la loro avventura di rigenerazione del luogo, è stata inaugurata la scultura della Fata Gelsomina realizzata da Maurizio Carnevali, è stata piantumata “La roverella di Francesco” dedicata a Francesco Bevilacqua, l’attore Giancarlo Davoli ha letto una poesia di Francesco Polopoli dedicata alla Fata Gelsomina, è intervenuto il Vescovo di Lamezia mons. Giuseppe Schillaci ha benedetto i luoghi.
Mons. Schillaci ha dichiarato: “C’è un senso di gratitudine e la gratitudine, naturalmente, ha diversi livelli. Intanto, la gratitudine a Dio perché tutto quello che noi stiamo vedendo e che ci circonda è opera sua. Poi, la gratitudine agli uomini, alle persone che, concretamente, si prendono cura. Ed il prendersi cura è la parola d’ordine che sempre più noi dobbiamo assimilare nella nostra vita. Papa Francesco ce lo ha detto, in modo particolare, con la “Laudato sii”: la cura della casa comune. Giustamente è stato detto: prendete questo luogo come una casa che accoglie senza secondi fini, disinteressatamente. È così che nasce e/o riprende vita una realtà del genere. E, quindi, la gratitudine alla famiglia Aiello, a Fabio e ad Anna, che, in maniera concreta, senza grandi giri di parole, realizza, fa, si preoccupa. Questo, è esattamente quello che, poi, ciascuno di noi dovrebbe fare: se noi abbiamo un piccolo orticello, una piccola realtà e quella realtà, anziché depredarla, la puliamo, ci preoccupiamo di essa, tutto diventa più bello.”
Maurizio Carnevali ha detto: “Gelsomina è tornata ad essere la fanciulla-fata che accoglie quanti alla sua porta busseranno. Non su un piedistallo, ma accovacciata sull’uscio dell’antico Mulino delle Fate, umana e spirituale ci invita ad entrare nel suo mondo offrendoci quanto le è più caro: una leggera farfalla colorata di libertà e amore. Nostro compito ora è non lasciarla mai sola affinchè non si intristisca e noi certo questo non lo vogliamo.”