“Come accaduto in occasione della sentenza Corte di Assise di Appello di Palermo nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, assistiamo ancora una volta, all’indomani della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Locri, che ha condannato tra gli altri l’ex Sindaco di Riace, a polemiche talmente accese da ingenerare confusione non tanto sul merito delle due vicende – che sarà compiutamente chiarito con il deposito delle motivazioni – quanto su alcuni principi che devono essere sempre preservati nel dibattito pubblico sulle vicende giudiziarie”. Lo scrive in una nota la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati.
“I processi penali, tutti, sono una faticosa e laboriosa ricerca della verità, e il loro risultato, qualunque esso sia – sottolinea la giunta esecutiva Anm, – non può essere utilizzato per contestare che al processo si sia dato corso né può essere strumentalizzato dalla politica. Una sentenza di assoluzione non può essere intesa come la dimostrazione dell’inutilità del processo, come una sentenza di condanna, anche a pene considerevoli per reati che le prevedono, non può essere ritenuta abnorme, o finanche un ‘messaggio terribile’ capace di minare la fiducia nella Magistratura. Proprio perché la verità è approdo finale, e non premessa del processo, la superfluità o l’utilità di un accertamento non può essere affermata sulla base del risultato a cui esso giunge, finendosi altrimenti per delegittimare l’intera funzione giurisdizionale”.
“Costituisce un’inaccettabile mancanza di senso istituzionale – sottolinea – l’attacco mediatico nei confronti dei magistrati requirenti e giudicanti sol perché il dispositivo, prima ancora delle motivazioni, sia sgradito o non condiviso. Al di fuori di questa cornice di principi fondamentali, ogni pur legittima discussione su processi e sentenze rischia concretamente di screditare il senso e la funzione della giurisdizione e il portato dei valori democratici che esprime e invera”.