Si è svolta nella mattinata odierna, presso il Parco della Biodiversità Mediterranea a Catanzaro, a cura della Polizia di Stato, la commemorazione del Commissario di Pubblica Sicurezza Giovanni Palatucci, nel 76° anniversario della morte avvenuta nel campo di concentramento nazista di Dachau.
Nel corso della cerimonia, svoltasi alla presenza del Prefetto di Catanzaro, Maria Teresa Cucinotta, dell’Arcivescovo Vincenzo Bertolone, dei vertici provinciali della Magistratura, delle Forze dell’Ordine e delle Istituzioni statali e locali, è stato piantato un albero di ulivo e il Questore della provincia di Catanzaro, Mario Finocchiaro, ha scoperto una targa in memoria del sacrificio dell’eroico poliziotto.
In un breve discorso, il Questore ha tratteggiato la figura del caduto, Medaglia d’oro al merito civile della Repubblica Italiana, il quale, prima come dirigente dell’Ufficio stranieri e, poi, come Questore reggente della Questura di Fiume, dal 1937 al settembre del 1944, quando verrà arrestato dai nazisti, condannato a morte e deportato a Dachau, ove morirà, si adoperò per mettere in salvo numerosi cittadini ebrei, fornendo loro documenti falsi e facendo sparire schedari dall’anagrafe.
In conclusione, il Questore ha sottolineato, nel giorno in cui si celebra anche il ricordo delle vittime delle foibe, il valore della memoria del sacrificio di Giovanni Palatucci, monito affinché non si ripetano mai più gli orrori provocati dal razzismo e dalle guerre.
Breve biografia
Nasce a Montella (AV) il 31 maggio 1909.
Compì gli studi presso il Liceo Classico “Pietro Giannone” di Benevento.
Nel 1930 svolse il servizio militare a Moncalieri come allievo ufficiale di complemento.
Si laurea in Giurisprudenza nel 1932 presso la Regia Università di Torino.
Nel 1936 vince il concorso e si reca a Roma per frequentare il 14° corso per funzionari della Pubblica Sicurezza, al termine del quale viene assegnato alla Questura di Genova.
Il 15 novembre 1937 viene trasferito alla Questura di Fiume, dove assume l’incarico di responsabile dell’ufficio stranieri e, successivamente, quello di Questore reggente.
In tali ruoli, distruggendo fascicoli anagrafici attestanti le origini e producendo falsi documenti, salvò dalla deportazione un numero imprecisato di cittadini ebrei.
Verso la fine del 1944, quando tutti fuggivano, egli rimase a Fiume per proseguire la sua opera, nonostante il Console svizzero di Trieste, suo caro amico, gli offrisse un passaggio sicuro verso la Svizzera, offerta che Palatucci sfruttò, inviando però, al suo posto, una giovane amica ebrea.
Il 13 settembre 1944 viene arrestato dalla Gestapo e portato nel carcere “Coroneo” di Trieste con l’accusa formale di cospirazione ed intelligenza con il nemico; qui viene condannato a morte dalle autorità tedesche anche per la sua attività a favore delle migliaia di profughi ebrei che riuscì a sottrarre alle persecuzioni naziste.
Il 22 ottobre 1944 viene deportato nel campo di sterminio di Dachau, vicino a Monaco di Baviera.
Il 10 febbraio 1945, a poche settimane dalla Liberazione, muore dopo aver subito quattro mesi di stenti e sevizie e il suo corpo viene gettato in una fossa comune sulla collina di Leitenberg, insieme ai corpi di centinaia di ebrei.
Nel 1952 lo zio, vescovo Giuseppe Maria Palatucci, raccontò che il nipote durante la sua permanenza a Fiume aveva salvato «numerosissimi israeliti»
Il nome di Giovanni Palatucci compare sul Muro dell’onore, nel Giardino dei giusti della fondazione “Yad Vashem”, a Gerusalemme; lo Stato di Israele lo ha anche insignito del titolo di “Giusto tra le Nazioni”, il massimo riconoscimento conferito a chi, rischiando la vita, salvò gli ebrei dalle persecuzioni.
Anche in Italia sono stati dedicati alla memoria di Palatucci numerosi parchi, vie e piazze.
Nel 1995 lo Repubblica Italiana gli ha conferito la medaglia d’oro al valor civile alla memoria, mentre la Chiesa cattolica, nel 2004, lo ha consacrato “Venerabile Servo di Dio”.