Era il 2014 quando alla memoria di Adele Bruno, giovane ragazza di Lamezia Terme uccisa nel 2011 dall’amore tossico e criminale del suo fidanzato dell’epoca, venne dedicata una struttura pubblica. Più precisamente alla memoria di Adele fu dedicato un antico mulino, fresco fresco di restauro, posto di fronte al suggestivo ed emozionante castello Svevo-Normanno di Lamezia Terme.
Avrebbe dovuto fungere, il rinnovato mulino Adele Bruno, da biglietteria o comunque da info-point per il monumento più antico e simbolico della città, insieme all’abbazia di Sant’Eufemia. Luogo vivo, pulsante, centro costante di attività e flussi di persone che avrebbero, dunque, fatto sì che la memoria di Adele, sottratta alla vita a soli 27 anni, non venisse mai obliata ma sempre rinverdita.
Inaugurato nel 2014 quindi, il mulino di via Soccorso giace invece, ormai da anni, in uno stato di completo abbandono senza che esso abbia mai funto ad uno scopo specifico. Immondizia, assi delle passerelle danneggiate, cancelli sempre chiusi e l’usura del tempo ben evidente in un luogo che invece doveva far sì che quella memoria mai si offuscasse.
La situazione di abbandono fu già denunciata nel 2018 dai familiari di Adele, i quali chiesero che a sua memoria fosse intitolata la biblioteca comunale di Lamezia; non fu così, ma la sala consultazione più frequentata del polo bibliotecario cittadino è ora dedicata ad Adele. All’interno della sala vi è anche un’opera dell’artista Antonio Caporale, con la frase “Nessun nodo violento leghi mai la nostra vita”.
Accanto al castello di Lamezia, però, lì nei pressi del quartiere San Teodoro dove la piccola Adelina trascorse l’infanzia, resta ancora un non-luogo del ricordo mancato, divenuto nel tempo un simbolo attuale della mancata gestione e visione amministrativa (delle varie amministrazioni che si sono succedute), un mulino immerso in un ameno paesaggio naturale composto da verdi prati e ruscelletti limpidi – che offrono sollazzo anche ad alcune anatre – ma circondato da incuria e spazzatura.
Un luogo che dunque, se concepito in chiave turistica di biglietteria per il castello, fa capire quanto ancora siamo indietro nel proporci come città con attrattive, ma anche un luogo che nella sua funzione di simbolo di memoria e di monito contro il femminicidio rivela nel suo stato di rudere l’errore di una funzione mai ricoperta e che l’inesorabile corso del tempo tende a sottolineare sempre più.
Giovanni Mazzei