Temerario, determinato e umile, ecco tre aggettivi per definire Fernando Paradiso. Ceo della Paradiso Group, concessionaria di auto con sede in Lamezia Terme, abbiamo deciso di incontrarlo e intervistarlo in occasione dei festeggiamenti per il cinquantesimo anno di fondazione del gruppo. Da un piccolo autosalone in via Timavo a Lamezia, a due grandi strutture poste al centro della Calabria, questa in sintesi la storia di un’azienda conosciuta in tutta la regione. Qualche sera fa nella sede della concessionaria, in località Frasso Bragò, una grande festa con tutti i dipendenti e le loro famiglie, per celebrare 50 anni di storia. Nell’occasione è stato festeggiato anche l’85esimo compleanno del fondatore, Tranquillo Paradiso, padre di Fernando. Una festa come quando si riunisce una grande famiglia: Fernando e Tranquillo Paradiso insieme alla loro squadra, formata da uomini e donne che ogni giorno, con professionalità e competenza, contribuiscono a far vivere e crescere l’azienda.
“Fare impresa in Calabria è una bella sfida, una sfida che ho accettato venendo via da Roma, dopo gli studi universitari – ci dice subito Fernando nel suo ufficio – sono tornato in Calabria con la convinzione di poter essere un protagonista e piano piano mi sono fatto conoscere. Ero molto più piccolo nelle strutture aziendali che avevo e piano piano ho ridimensionato tutto risalendo la china e portare la realtà a quella che si vede oggi”.
Ora torniamo indietro: 50 anni fa nasce l’Azienda Paradiso. Ci illustri a grandi linee la storia del gruppo e soprattutto ci parli della lungimiranza di suo padre. Se lei è un temerario, suo padre lo è stato molto prima di lei…
Sicuramente il vero temerario è lui ed è la dote che ho preso in eredità. Siamo nati come autosalone Paradiso nel 1971, mio padre ha iniziato a trattare auto di varie marche tutte collegate al marchio Fiat, all’epoca c’erano i cosiddetti elaboratori (Giannini, Fissore), erano tutti personaggi che compravano queste vetture da Fiat auto e le trasformavano. Ma quella che maggiormente è stata l’intuizione di mio padre è stata quella di portare una finanziaria, attuale finanziaria che è a livello nazionale (non faccio il nome per non fare pubblicità): è stato lui a portarla in Calabria e quando gli è stato detto che non si riusciva ad averla ma che poteva essere collegata a Catania, lui intraprese quest’altro piccolo viaggio, arrivò a Catania, si collegò con questa finanziaria. Dico che fu un’intuizione perché all’epoca, in una terra non con grandissime risorse, avere una finanziaria che poteva finanziare senza cambiali, (il famoso detto a rate senza cambiali) era veramente stato sicuramente uno shock per gli acquirenti che potevano essere possessori di un qualcosa che faceva parte dei loro sogni. Noi concessionari siamo venditori di sogni, in particolare la mia azienda è venditrice di sogni, se tu non riesci a vendere un sogno a una persona, sicuramente non riesci nemmeno a farlo tuo e in quest’ottica mio padre non fu solo un pioniere ma soprattutto un temerario.
Il percorso quindi era ormai tracciato. Non esiste un signore che si è sentito sminuito nella nostra azienda, abbiamo sempre valorizzato l’essere umano, abbiamo sempre valorizzato le auto che possedevano, perché per noi sminuire un personaggio, sminuire quello che posseggono, non è sicuramente una bella logica imprenditoriale. La bella logica imprenditoriale è di saper leggere in vari modi quelle che sono le esigenze del cliente. In tutto questo siamo stati avvantaggiati dalla centralità di Lamezia Terme e in questo senso possono confluire nella mia azienda clienti da tutte le zone della Calabria, quindi un grande plauso alla mia natalità in questa città e alla sua centralità.
Siamo molto contenti di essere lametini ma allo stesso tempo siamo contenti di avere una clientela e amici su tutto il resto della Calabria.
Nel tempo siamo cresciuti. Abbiamo due strutture importanti a 4 km una dall’altra. Siamo partiti con un certo tipo di vetture (il primo autosalone fu in via Timavo a Lamezia) e da lì poi è stata fatta la nuova sede in Contrada Rotoli, dove adesso ci sono Alfa e Jeep, di conseguenza è stata messa in piedi la sede di Frasso, dove ci sono i brand Bmw, Mercedes, smart e Mini.
L’azienda oggi ha 50 anni di attività, 50 dipendenti, ha delle soluzioni tecnologiche e di prestazione di servizi per i clienti di altissimo livello, siamo una realtà che vende circa 1100 macchine all’anno nuove e circa 1200 macchine usate. Quindi questo tipo di equilibrio dettato da una centralità e concentrato su due sedi molto vicine ci ha permesso in ogni caso di raggiungere dei traguardi imprenditoriali e di redditività di gran successo riconosciuti da tutti gli istituti finanziari con i quali noi abbiamo rapporti. Molto spesso ci prendono come esempio nel settore dell’automotive per far capire come va gestita una concessionaria d’auto. Loro dicono che siamo un modello da seguire, mi trovo spesso ad essere conclamato in dichiarazioni del genere, e qualche responsabile di alto livello quando parla della mia azienda la prende come riferimento. D’altronde non è sempre detto e non è sempre giusto che degli istituti finanziari ti prendano come esempio perché tutto sommato la nostra è un’attività commerciale, non bisogna dimenticare che alla base di tutto questo c’è l’investimento, devi essere temerario sì, ma prima devi avere la capacità di investire in un modo serio e determinato, dove c’è un certo ritorno. Alcune volte si fa l’errore di investire solo perche ti vengono richieste delle cose, la Paradiso in questo senso non è mai caduta in questo tranello, non è mai caduta in questa volontà di sfidare quello che non era da sfidare ma ha avuto sempre la convinzione e la volontà di sfidare quello che riteneva una valida sfida.
L’auto non è solo un mezzo per spostarsi, è uno status. Cosa è per lei? Quand’era piccolo sapeva già che avrebbe continuato questa storia oppure i suoi progetti erano altri?
Intanto l’auto è qualcosa di vero, reale, emozionale, non deve mai essere vista come un mezzo di trasporto. Se questo termine viene usato da un cliente ci può stare, perché il cliente ha tutte le motivazioni per poter interpretare le cose per come vuole ‘la compro perché devo andare da Lamezia a Catanzaro, la compro perché devo fare dei viaggi’, ma molto spesso, specialmente sei hai marchi di un certo tipo, tutto quello che si svolge o tutto quello che appartiene al cliente su un determinato brand è tutta emozione, è tutta passione. E’ quella passione e quell’emozione che tu devi trasferire al cliente nel momento in cui hai un contatto con lui, quell’emozione, quella passione, devi fargli capire che esiste solo ed esclusivamente se viene da te, se è con te che ha un rapporto, se con la tua azienda ha un rapporto, perché quell’emozione è da vivere, è un’emozione legata ad una passione che non avrà mai fine. L’auto esiste perché esiste una passione.
L’essere umano è un passionale, una persona mette sempre i sentimenti, nelle sue azioni mette sempre la passione, e l’auto, anche se per certi versi è un pezzo di ferro, ha una grande anima, un grande cuore. Quando si cambia una macchina si perde un pezzettino di quello che hai vissuto con quella macchina. Ho incontrato delle giovani coppie che poi hanno cambiato l’auto perchè la famiglia era cresciuta, e mi raccontavano del loro primo bacio in riva al mare in quella macchina: anche questi sono sentimenti. Noi diamo sfogo a tutto ciò, diamo libera interpretazione.
Per quanto riguarda la mia giovane età, o meglio quand’ero bambino, le sembrerà strano ma già alle scuole medie e superiori, compravo le macchinette, i modellini, ero già un personaggio strano, quando mi scocciavo le vendevo, e lo facevo già allora con spirito imprenditoriale, spiegando al mio interlocutore che in ogni caso stava facendo un affare, che stava prendendo una macchina esclusiva perché non era facile trovarla, era chiaro che il mio indirizzo era quello.
Io oggi trovo soddisfazione anche a lavare una macchina, vado dietro dai lavagisti e con entusiasmo mi soffermo a lasciarmi andare o a rilassarmi facendo una doccetta alla macchina di turno; mi trovo molto spesso con i meccanici a chiedere, a essere curioso su quella che è la loro attività lavorativa; mi trovo spesso a parlare con gli accettatori per capire qual è la loro performance di accoglienza sui clienti; mi trovo molto spesso a parlare con i rivenditori o con il personale amministrativo di quello che potrebbe essere un conto economico legato non tanto al ferro ma a tutto quello che ci sta intorno. Insomma, sono in questo senso un imprenditore a 360° di questo tipo di attività. Potrei fare altro cento cose perché il mio è un dna sicuramente imprenditoriale, ma la cosa che mi piace fare di più e considerarla il mio sfogo giornaliero del lavoro è sempre legato all’auto.
Un imprenditore, dunque, che non sta chiuso nel suo ufficio, ma gira i reparti, parla con tutti. Un imprenditore che fa parte della sua stessa squadra. E’ questo il segreto del suo successo?
La prima cosa per un imprenditore è quella di formare una squadra. Molti pensano che prendere i personaggi, i dipendenti di un’altra azienda, possa essere la soluzione per la sua azienda e per certi casi lo è stato ma per certi altri sicuramente è un momento di rottura incredibile con quella che è la struttura propria. Riuscire a creare una scuola di formazione del proprio personale, riuscire a creare con il proprio personale una capacità di assaporare le piccole cose, di poter portare a termine determinate cose partendo dai piccoli particolari, partendo dall’ABC, riuscendo a creare con questi interlocutori un progetto, ecco, questa è la fonte naturale dell’essere, e non dell’apparire. Molta gente, ribadisco, è convinta che se porta nella squadra il grande nome sia la soluzione ai suoi problemi, per me invece questi sono l’inizio dei problemi con lo spogliatoio, problemi con quelli che sono sempre stati lì a soffrire, con quelli che si sono sempre dati perché questa squadra arrivasse in serie A, con tutti quelli che vedono arrivare questo o questi personaggi da altre realtà e che per motivi diversi vengono dati loro dei valori che non hanno, e che per motivi diversi vedrebbero tutte le attenzioni su di loro, e che per motivi diversi non riuscirebbero ad amalgamarsi con la squadra. Quindi il concetto vero che io cavalco nella mia azienda è quello, intanto, di essere in concorrenza con me stesso. Vedo un sacco di personaggi, di pseudo imprenditori che vogliono la morte degli altri (dal punto di vista imprenditoriale si intende), vogliono che il vicino sia sempre colui che stia peggio.
Questa non è una logica che mi appartiene. La logica che mi appartiene è quella di stare con la mia squadra e di riuscire a fare meglio di me stesso, quindi riuscire a fare meglio di me stesso vuol dire che la mattina mi alzo con la convinzione che la sfida è con me stesso e col mio gruppo, le altre squadre possono fare quello che vogliono. Cerco di fare ogni giorno quella cosa che mi faccia raggiungere un risultato, quindi lavorare sulla squadra, giocare su un qualcosa che ti deve dare la convinzione di far parte di una famiglia, e in tal senso anche nei momenti di pausa, di relax, tu hai l’opportunità di capire di far parte di una bella realtà.
La pandemia. La crisi economica e lavorativa ha colpito tutti. Qui com’è andata? Qual è stato lo spirito con cui la sua azienda ha affrontato questo momento?
La pandemia è qualcosa che quando ti porta via un numero di persone similari a quasi una nazione è sicuramente non una bellissima cosa, a prescindere da quello che ognuno di noi è più o meno riuscito a fare. Però devo essere onesto, per noi, specialmente l’anno scorso, è stato un grande banco di prova. Abbiamo avuto l’opportunità e la reattività giusta. Il periodo di chiusura non mi ha preoccupato, perché nella mia azienda ho sempre pensato sì a forme aggressive di investimenti, ma ho sempre pensato ad un’azienda che possa, in ogni momento della sua vita dire ‘aspetta un attimo adesso mi voglio fermare, voglio rifiatare e poi riprendere’. Per me la pandemia in questo senso è stato un momento in cui abbiamo capito, e anche le case madri si sono rese conto, che tutto quello che si stava facendo era sì strategico, ma anche molto insulso: ordini su ordini, macchine su macchine. La pandemia ha dato un brutto colpo alle case automobilistiche perché per un piccolo sensore, per un piccolo oggetto costruito nell’angolo x della Cina o dall’India, le macchine oggi non possono essere consegnate. Ecco, tutto forse è stato in questo senso una rivisitazione per le case madri per capire che i risultati si possono fare anche senza l’assillo delle fatturazioni, delle auto in concessionaria, dello stress continuo. Per quanto mi riguarda è stato un grande banco di prova e ancora una volta mi sono reso conto di avere una realtà reattiva, coesa e pronta alla sfida: ci siamo molto digitalizzati, abbiamo molto infattizzato le lead, abbiamo accelerato e messo in piedi servizi che prima non consideravamo proprio e abbiamo imparato a vivere in un altro modo l’azienda. Dal punto di vista dei numeri, abbiamo fatto il 25% inferiore all’anno precedente, ma con i vari ammortizzatori che abbiamo avuto nell’anno e con le varie redditività migliorate, siamo riusciti a mantenere dei margini interessanti e intelligenti.
Talento, cultura ed innovazione. Si deve ripartire da qui. Si parla di transizione verso il digitale…
Alcune volte queste tre caratteristiche si trovano in persone diverse, è difficilissimo poterle trovare in un’unica persona, ma queste cose, lei ha centrato, se uno vuole vivere di automotive sono tre aggettivi che non possono prescindere l’uno dall’altro e che non possono stare al di fuori dell’imprenditore che vuole fare questo tipo di attività. Io ho sposato tutti e tre gli aggettivi e spero di riuscirci. Questa è la strada in cui credo.
Ha mai pensato ad un suo impegno nella politica?
Sul fatto politico calabrese c’è troppo interesse sulla difesa delle posizioni, fino a quando queste persone non troveranno la serenità di capire che su questa terra siamo di passaggio, fino a quel punto non ci sarà mai una volontà di cedere il passo e far sì che certe cose vengano fatte in un certo modo. Ciò che accade qui non è una cosa rara, ma è in linea con ciò che accade in tutto il Paese. La vita politica non mi ha mai interessato perché non trovo onestà di causa. La sanità calabrese è molto da riprendere, sulla sanità non si può scherzare, e quando queste persone continuano a nascondersi dietro un dito su certi argomenti allora lì capisci che è meglio che questa materia non ti interessi perché non c’è niente da risolvere. Poi come dicevo sono molto innamorato della Formula 1, delle auto, non mi resta tempo per la politica.
Candida Maione