Lamezia Terme, festa dei Santi Pietro e Paolo, mons. Schillaci: 'Unità, differenza, armonia'

Lamezia Terme, festa dei Santi Pietro e Paolo, mons. Schillaci: “Unità, differenza, armonia”

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Lamezia Terme, festa dei Santi Pietro e Paolo, mons. Schillaci: 'Unità, differenza, armonia'Unità, differenza, armonia. E’ su queste tre parole che stamani, nel corso della concelebrazione Eucaristica solenne alla presenza del clero diocesano, con cui sono entrati nel vivo i festeggiamenti dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di Lamezia Terme e della Diocesi tutta, il vescovo monsignor Giuseppe Schillaci in Cattedrale ha invitato a riflettere.

“La prima parola – ha detto Schillaci – è unità, l’unità che si costruisce, non perché il vescovo Giuseppe o qualcuno abbia questo pallino, ma perché vogliamo sempre di più entrare nel desiderio del Signore, quella volontà che egli dice ai suoi discepoli perché essi siano un cuore solo ed un’anima sola. Una comunità cresce, non solo di numero, quando attrae, non per proselitismo ci direbbe papa Benedetto, ma per attrattiva. Una Chiesa che diventa sempre più attraente. Ed una Chiesa attrae molto semplicemente perché non vive solo per sé stessa, ma vive di Cristo, della sua volontà della sua memoria della sua carità. Come è importante l’unione! La comunione che noi non vogliamo dimenticare è quella di cui ci parla Gesù. Quella unione, quella comunione, diventa segno di credibilità. Carissimi fratelli e sorelle, le nostre divisioni impediscono, ostacolano l’annuncio e l’annuncio evangelico non riesce a farsi strada, nonostante gli sforzi. Quando una Chiesa non è unita non annuncia Gesù, quando ci dimostriamo povere persone, quando ci presentiamo disuniti prestiamo il fianco al grande divisore: il demonio”

“L’altra parola che vorrei consegnarvi questa mattina – ha aggiunto – è differenza. Vivere l’unità, nell’unità, dell’unità non è uniformità. La solennità che stiamo celebrando ci parla proprio di tutto questo, di queste differenze: Pietro un pescatore, Paolo un maestro, un dottore. L’uno che con semplicità professa per primo la fede anche senza pensarci due volte e poi rinnega per tre volte; l’altro Paolo è stato un persecutore feroce della Chiesa e però poi troviamo un grande convertito che si è lasciato afferrare totalmente da Cristo, da illuminare le profondità del mistero, quel mistero che ha incontrato perché si è lasciato incontrare. Negli atti degli apostoli vengono fuori queste diversità, ma nella comune appartenenza sono vere ricchezze e risorse della Chiesa e nella Chiesa. Per cui bisogna fare in modo che queste differenze vengano sempre più fuori, si affermino, si esprimano senza alcuna paura. La storia della Chiesa è testimonianza di tale ricchezza, la storia della Chiesa è piena di queste risorse, è la vitalità stessa della Chiesa e quando si è voluto mortificare, o peggio ancora annullare queste diversità, le nostre comunità di fede non ne hanno avuto alcun beneficio”.

“Carissimi fratelli e sorelle come coniugare oggi unità e diversità, comunione ed alterità – ha chiesto Schillaci – ? Per questo invochiamo il dono dello Spirito Santo ed il dono dello Spirito Santo ci consegna la terza parola: armonia. Guardiamo la fonte e la fonte è la Santissima Trinità. Lasciamoci condurre, guidare, giorno dopo giorno, da questa fonte inesauribile. Il cammino di cui ci diceva all’inizio anche il nostro vicario, il cammino sinodale cui tutti quanti siamo chiamati non può non esaurirsi in questa fonte. Un cammino sinodale ad intra ma anche ad extra perché questo compito non è mai esaurito. Dobbiamo imparare. Lo stile del cristiano che ci dice la nostra capacità di amare, di volere bene, di diffonderlo questo bene. La nostra capacità di amare Dio, tutti senza escludere mai nessuno, soprattutto chi non ha niente di niente. Perché chi ha qualcuno, in un modo o nell’altro si arrabatta, ma c’è chi non ha nessuno e dobbiamo guardare da quella parte, così come ha fatto nostro Signore”.

Ad apertura della concelebrazione, il vicario generale, don Giuseppe Angotti, a nome del clero, ha rivolto un saluto al Vescovo ricordando, tra l’altro, il 60/mo anno di sacerdozio di don Enzo Pujia e don Peppino Ferraro: “Mentre guardiamo tutti insieme ai nostri Patroni – ha detto il Vicario – vorremmo permetterci di approfittare di questo autentico momento di comunione e di formularle i nostri auguri per il secondo anniversario della sua ordinazione episcopale. La mitria e la casula che oggi lei indossa sono quelle che some suoi fedeli abbiamo scelto di donarle in questo suo secondo anniversario. Le conceda il buon Dio, caro padre, di camminare sempre più speditamente di camminare con noi e per noi”.

“Siamo qui oggi radunati con lei come comunità diocesana – ha detto ancora don Giuseppe – per la festa dei santi Pietro e Paolo patroni di Lamezia Terme e della diocesi. Siamo qui per onorarli come apostoli fondamentali, radici essenziali dai quali si alimenta la fede cristiana. Con Pietro ricordiamo il vero sommo sacerdote. La Chiesa non è santa da sé stessa: è costituita infatti da peccatori. Essa viene sempre santificata dall’amore purificatore di Cristo. La nostra gioia ecclesiale di questo giorno è di essere qui con lei. Siamo qui intorno a lei e con lei come un popolo in cammino e sappiamo quanto a lei stia a cuore questa immagine: la Chiesa come un popolo che cammina insieme. A lei è cara questa immagine come è cara a Cristo ed il pastore non può che guardare a questa immagine. Ogni giorno non manca di ricordarcelo, esigendo da ciascuno la scelta personale di intraprendere percorsi di unione e caritatevole fraternità, di sacerdoti che scelgono la sinodalità come atteggiamento esistenziale di fondo, come respiro dell’anima, metro di giudizio”.

Gli altri appuntamenti di stasera: 

alle 19, davanti la Cattedrale, sarà benedetto l’albero della carità, simbolo della ripresa del cammino della comunità civile e diocesana all’insegna della carità e del bene comune, filo conduttore del novenario dei Santi Patroni;

alle ore 19.30, sul corso Numistrano, si svolgerà la solenne concelebrazione presieduta dal vescovo Giuseppe Schillaci con la presenza del capitolo dei canonici, dei parroci della città, delle autorità civili e militari.


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