Il Parco Naturale del Reventino per lunghi anni è rimasto ai margini del dibattito politico lametino e regionale, quasi mai considerato una potenzialità di sviluppo economico, di tutela e valorizzazione ambientale dell’area centrale della Calabria, che pure possiede un patrimonio non solo ambientale e della biodiversità ma anche geo-archeologico, dell’archeologia industriale, della geologia, dell’enogastronomia, dell’olivicoltura e persino della cultura poetico-letteraria.
Ma su tutti questi punti di forza si eleva l’Istmo (ne hanno parlato sia Antioco, storico di Siracusa nel V sec. A.C. sia Aristotele che parla della presenza degli Enotri ), che è la grande e antica arteria ionico-tirrenica che attraversa il Massiccio del Reventino. Insomma una storia straordinaria che la politica, purtroppo carente di visione e di costruttori visionari, non ne coglie le potenzialità di sviluppo.
Nonostante la mobilitazione civica su iniziativa dell’associazione Green Stone che ha prodotto oltre cinquemila firme, la questione Parco rimase di lato alle azioni di sviluppo. E’ rimasto soltanto un pezzo di montagna tra le più belle della regione, al centro della Calabria, senza aver trovato interesse istituzionale e riconoscimento. Ancora una volta, a distanza di sei anni interviene Pino Campisi, presidente regionale di Acli Terra Calabria e riapre una discussione quanto mai attuale. A distanza di oltre vent’anni, l’imponente massiccio è ancora lì in attesa di essere valorizzato ma nessuno se ne cura. Acli Terra Calabria, anche sulla spinta di quanto avvenuto alle Settimane Sociali 2024 a Trieste, condivide e coglie il nuovo modello pubblico-privato per accompagnare processi di partecipazione e di responsabilità sotto forma di “patti di collaborazione fra cittadini e pubbliche amministrazioni” per la gestione condivisa di un “bene comune locale”, quale appunto è sicuramente il Parco Naturale del Reventino. Una nuova economia autopropulsiva, potremmo dire, con capacità di sviluppo ed economia verde, ovvero di ecologizzazione dell’economia, capace di attirare un indotto produttivo che nessun’altra proposta del territorio, allo stato, può generare. Infatti secondo il Presidente di Acli Terra, l’area del Massiccio, deve entrare in un piano di sviluppo regionale, inserendo le nuove opportunità tematico-culturali che in una visione dei nuovi Parchi possono creare economia e e nuove opportunità di lavoro. Il Parco ha già di suo un immenso patrimonio di economia integrata: il Parco termale Mitoio, area archeologica dell’Abbazia benedettina e di Corazzo, un importante Museo archeologico, il Museo micologico, la Casa Editrice Rubbettino tra le più importanti del Paese, arte rupestre, cicloturismo e ciclovia dei parchi, cammini monastici e della fede, importanti attività agri-enogastronomici. Su questo progetto di sviluppo che è di forte impatto socio-economico è necessaria la nascita di una rete politico-istituzionale-territoriale, accompagnata dal Presidente della IV Commissione Regionale Assetto e Utilizzazione del Territorio e Protezione dell’Ambiente Pietro Raso e dalla consigliera regionale Maria Bruni, il Presidente del Gal Franco Esposito.
I sindaci del Comprensorio, le Associazioni professionali agricole, dovrebbero trovarsi disponibili su una nuova proposta di sviluppo per un’economia del Parco, che non ha alternative migliori se si vogliono creare le condizioni per fermare l’abbandono dai piccoli comuni, la denatalità, la chiusura delle piccole attività artigianali rimaste senza mercato e delle poche scuole primarie e secondarie, delle parrocchie di aree montane, collinari e rurali . Siamo nell’inverno demografico delle aree interne, quasi completamente disabitate. La conferma arriva dal fatto che su un totale di residenti nell’area Parco pari a 126.583 abitanti circa la metà 56.093 hanno un’età che va dai 51 e oltre 65 anni. Tutto questo ci dice che senza interventi strutturali e di visione economica e produttiva-occupazionale da fare in questo tempo, il territorio è destinato all’abbandono da parte dei giovani, con conseguenze che incideranno nel tessuto sociale ma anche ambientale e della salvaguardia del territorio. La proposta politica è che, oltre ad una buona legge istitutiva, da subito, bisogna fare del Parco un << incubatore di buone pratiche socio economiche>>. Eppure dell’importanza del Reventino si occupò per i suoi studi sulla geologia strutturale, il professore americano Walter Alvarez che ne rimase affascinato della superba bellezza e dal patrimonio geologico e geo-morfologico. Di recente ne ha parlato pure il prof. Rosalino Cirrincione, professore di petrologia e petrografia dell’Università di Catania che ci ha raccontato della pietra verde del monte Reventino e l’interesse dell’area risalente a 160 milioni di anni fa. Ne parla da decenni lo scrittore Francesco Bevilacqua che presenta il nostro Parco quale valore storico, antropologico, paesistico e naturalistico. L’economista Fabrizio Barca, l’ha scelto come area pilota per la Calabria, quale veicolo di progettazione partecipata finalizzata allo sviluppo dal basso e autopropulsivo per emarginare spopolamento e chiusura di tutti i servizi.