Gli studenti del Liceo “Soleri -Bertoni” di Saluzzo, nella cornice del Centro Congressi del Monastero della Stella, hanno incontrato la dott.ssa Marisa Manzini, sostituto procuratore generale presso la Procura Generale di Catanzaro.
Titolo dell’incontro, organizzato dalla professoressa di Diritto ed Economia, Antonella Mercuri, “Il ruolo della figura femminile nei contesti di ‘ndrangheta”. Tematica sulla quale verte il libro del magistrato Marisa Manzini “Donne Custodi. Donne Combattenti. La signoria della ‘ndrangheta su territori e persone” (ed. Rubbettino), filo conduttore dell’evento scolastico.
Aperto dai saluti della dirigente scolastica professoressa Alessandra Tugnoli, introdotto e moderato dalla professoressa Antonella Mercuri, concluso dalla professoressa di Storia, Piera Comba, l’incontro ha avuto come momento centrale il confronto del magistrato con gli studenti.
I temi proposti dalla dott.ssa Manzini hanno coinvolto i ragazzi in un dialogo denso di interesse per un fenomeno, la ‘ndrangheta, che con le sue ramificazioni si sta ormai diffondendo anche nel Nord Italia.
Nel libro del magistrato si analizzano le relazioni interne delle famiglie ‘ndranghetiste mettendo in luce la componente femminile. “Il modello organizzativo della ‘ndrangheta -scrive la Manzini- è completamente diverso dalle altre organizzazioni mafiose perché fonda il suo potere sulla famiglia, dunque sulla forza dei vincoli di sangue e sull’affidabilità garantita da questi legami”.
L’incontro con gli studenti è stato incentrato sulla vita delle donne che appartengono a questi contesti familiari, donne che troppo spesso diventano strumento dell’organizzazione. “Donne che, cresciute intrise di valori mafiosi, trasmettono questi disvalori ai figli, assicurando così la sopravvivenza della famiglia ‘ndranghetista”.
«Se queste donne prendessero coscienza di essere uno strumento nelle mani dei maschi- sostiene la dott.ssa Manzini- si potrebbe dare l’avvio ad una lenta decadenza delle organizzazioni criminali mafiose».
Il cambiamento potrebbe quindi avvenire solo con la trasformazione delle “donne custodi” in “donne combattenti”, ovvero in donne che trovano il coraggio di mettersi contro le organizzazioni fino ad infrangere un potere fondato sulla violenza e la sopraffazione. Ma si tratta di un percorso, laddove avviato, costellato da storie di donne che ne testimoniano la tragica complessità. La dott.ssa Manzini, nel suo intervento, si è soffermata su fatti di cronaca riportati nel libro, ma anche su alcuni suoi incontri con donne inserite in questi contesti criminali.
Numerose le domande poste dagli studenti al magistrato su risvolti e aspetti del fenomeno ‘ndrangheta: sul rapporto con la religione, sulle infiltrazioni nel tessuto economico, su possibili condizionamenti dell’emancipazione femminile all’interno di queste famiglie, sull’importanza del ruolo della scuola nel contrasto alle mafie.
L’incontro ha fortemente coinvolto gli studenti non solo per l’approccio ad una realtà che sta espandendo le sue articolazioni territoriali, ma anche per la grande sensibilità umana dimostrata dal magistrato nel raccontare storie di donne che hanno lottato, alcune fino a pagare con la vita, per liberarsi da una quotidianità di sudditanza e violenza.