Domani, mercoledì 25 ottobre 2023, con inizio alle ore 15:00, negli spazi polivalenti del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Lamezia Terme, si terrà un incontro con il fotografo Angelo Maggio intitolato “Il non finito calabrese”, che esporrà i suoi lavori dialogando con gli alunni delle quinte classi.
L’incontro con l’artista e le sue opere si inserisce nei percorsi per le competenze trasversali di orientamento offrendo agli studenti spunti per un’osservazione critica di aspetti che caratterizzano il proprio territorio.
La mostra allestita negli spazi del Liceo, che vede l’esposizione di un consistente nucleo di lavori fotografici esplicativi della ricerca linguistica ed etnografica di Maggio, è stata coordinata dalle prof.sse Cinzia Lonano e Giovanna Torcasio, sostenuta dalla dirigente scolastica Prof.ssa Teresa Goffredo, sempre attenta ad offrire ai suoi studenti momenti di crescita culturale, e un intervento analitico della prof.ssa Teodolinda Coltellaro. L’iniziativa formativa intende offrire agli studenti non solo elementi conoscitivi sul linguaggio fotografico dell’autore, ma altresì spunti di riflessione e analisi sulle tematiche socio antropologiche da lui indagate.
Se il “non finito” nel campo dell’arte richiama scelte estetiche e concettuali, a cominciare da Michelangelo a tutti gli altri artisti che ne hanno esaltato i confini linguistici, il “non finito” di Angelo Maggio si configura come un “universo visivo” che racconta di promesse mancate e di attese deluse, un paesaggio di “scheletri di cemento” che si stagliano verso il cielo, inutilmente bloccati in un tempo sospeso, in un’identità visiva che pone domande, che chiede risposte. E la fotografia di Maggio apre ad una ricognizione visiva in cui l’obbiettivo coglie non solo il dato oggettivo, ma documenta, dà indicazioni di lettura storica, etnografica, sociale di una deriva estetica del paesaggio calabrese.
Il “non finito calabrese” – afferma Angelo Maggio- è una categoria dello spirito, insieme carica di aspettative e terribilmente colma di malinconia.” Ormai quel paesaggio urbano è considerato normale, non disturba chi lo guarda, ci si è assuefatti alla bruttura di una presenza ingombrante che denuncia, comunque, fallimenti progettuali, politici, utopie di “miracoli economici annunciati”, oltre a disillusioni, precarietà esistenziale di una regione che, attraverso essa, nutre lo sguardo di colpevole disincanto.