“Auguro a te caro Andrea Giovanni, ed attraverso di te ad ognuno di noi, di poter essere capaci di comunicare la gioia”. Questo l’augurio che il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, ha rivolto ad Andrea Giovanni Cefalà della parrocchia di Maria Santissima delle Grazie che ieri sera in Cattedrale ha ricevuto il Ministero del Lettorato istituito.
“Noi – ha aggiunto il Pastore della Chiesa lametina – dobbiamo comunicare la gioia ed il Signore, certamente, darà speranza di più alla nostra vita e farà entrare gli altri dentro questo circuito di comunione che sa semplicemente gioire, che sa gioire della semplicità.Questa sera, Andrea Giovanni fa il primo passo – se il Signore vorrà – verso la conclusione del suo cammino per il presbiterato. Ed il primo passo è costituito proprio da questo Ministero del Lettore che non significa, semplicemente, andare lì e leggere la parola di Dio, perché la parola di Dio non si legge, si annuncia, si proclama, si testimonia con la voce che diventa veicolo di una parola che è la Parola”, di cui “i primi cristiani si nutrivano continuamente” ed “erano assidui nell’ascoltarla, e nella frazione del pane che indicava, certamente, la prima forma dell’Eucarestia, ma significava anche spezzare il pane concreto e darlo a coloro che ne avevano bisogno, metterne a disposizione di tutti gli altri”.
“Noi – ha sottolineato il Vescovo – diventiamo servi di questa parola; diventiamo i ministri di un evento che abbiamo vissuto in prima persona e che siamo chiamati a dire agli altri, certamente con la potenza, con la forza della Parola che supera le nostre difficoltà, i nostri limiti, le nostre fragilità. Ma siamo chiamati a dire, poi, questa parola di salvezza a tutti con la nostra vita. Ed è l’incontro che genera la testimonianza. È l’incontro che genera la Parola. Ecco perché la sciatteria nella proclamazione della Parola di Dio ti fa cadere le braccia. Non è il privilegio della prima donna” perché “la parola tocca me, mi deve toccare ed una volta che mi tocca, poi, posso comunicarla”.
“Abbiamo ascoltato nel brano della prima lettura di questa sera – ha detto monsignor Parisi – che coloro che erano stati battezzati, erano perseveranti, assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli, nella frazione del pane, nel mettere in comune tutto quello che avevano e nelle preghiere: ecco la vita della Chiesa. È nata così la Chiesa. Certo, con il timore di avere paura di coloro che potevano anche martirizzare i primi cristiani. Ma, comunque, le case erano a disposizione. Ed ecco perché stasera la Parola di Dio ci aiuta a comprendere quello che accade all’interno di una famiglia: ad un certo punto, si scopre un ministero, un servizio, un carisma, una vocazione. E dentro quella casa prende forma la consistenza di un credente, dei credenti, e, tra di loro, di qualcuno che si vuole mettere al servizio degli altri”.
“Quando viene proclamata la Parola – ha aggiunto il Vescovo – c’è l’incontro con il Risorto. Quando viene spezzato il pane e donato il vino, c’è l’incontro con il Risorto ed è questo incontro con il Risorto che mi porta a gioire della mia vita ed a raccontare questa mia gioia agli altri: ‘c’è possibilità anche per voi di gioire come la mia vita gioisce’. E la mia vita gioisce perché il Signore si fa vedere, si fa toccare, è sempre con me, mi accompagna, non mi abbandona mai. Questo è l’annuncio e questo dà sostanza alla nostra esistenza. È questo l’incontro con il Signore: è l’incontro con colui che ci dà la vita e, non solo la vita, ci dà la gioia di vivere, e non solo la gioia di vivere, ci dà anche la forza di poter dire agli altri che è possibile gioire, di poter coinvolgere gli altri all’interno di questo grande progetto di realizzazione piena per l’uomo, di salvezza per l’umanità, di gioia eterna per tutti. Questo noi facciamo quando incontriamo il Signore”.
“Perché i non credenti devono venire nelle nostre comunità – ha chiesto monsignor Parisi – ? È una domanda che mi pongo sempre. Quando si entra nelle nostre comunità che cosa si trova? Musi lunghi, persone arrabbiate, persone che lottano tra di loro su chi si deve sedere al primo banco, che si fanno la guerra per chi deve leggere la lettura, persone angosciate. Perché un non credente dovrebbe venire nelle nostre comunità, se non siamo persone capaci di gioire dell’incontro con il Signore? Per farsi una dose di angoscia, come se quelle dosi che ci sono fuori non bastassero? Certo, con tutti gli acciacchi. Non è che la fede è la profilassi del mondo contro i dolori e le sofferenze. Ci sono lo stesso per noi, però abbiamo una prospettiva diversa: gioiamo dentro le difficoltà. Lo abbiamo sentito nella seconda lettura di questa sera: se per un momento dobbiamo passare dentro la tribolazione, la nostra speranza è di poter gioire sempre nel Signore”.
“Ecco – ha concluso il Vescovo – , se noi saremo capaci di testimoniare questa gioia con la voce e con la vita, quella frase con la quale si chiude la prima lettura di questa sera, potrebbe diventare il nostro piano pastorale, cioè: entravano nella comunità coloro che erano attratti dallo stile di vita” in una “casa gioiosa di incontrare gli altri ed all’interno di questa casa la gioia attraeva allora ed attrae ancora oggi”.