CATANZARO – Il covid nemico della prevenzione e il glaucoma nemico, silenzioso, della vista: sono 40mila i calabresi che soffrono di questa malattia neurodegenerativa che colpisce più di 1 milione 200 mila persone in Italia ed caratterizzata principalmente da un aumento della pressione intraoculare che, a lungo andare, danneggia il nervo ottico, limitando il campo visivo dalla periferia verso il centro. I principali campanelli d’allarme sono piuttosto evidenti: si comincia ad inciampare, a sbattere frequentemente contro gli angoli o ad accorgersi in ritardo della presenza di un ostacolo quando si cammina o si guida.
“Il 50% dei pazienti non sa di avere il glaucoma perché si arriva tardi alla diagnosi e il 20% è esposto al rischio concreto di perdere la vista. Coinvolge entrambi gli occhi determinando danni permanenti al nervo ottico, che nel tempo possono portare a ipovisione e cecità – spiega il prof. Vincenzo Scorcia, direttore della U.O. di Oculistica dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro – A partire dai 40 anni è buona norma sottoporsi regolarmente a controlli oculistici, che includano la misurazione della pressione intraoculare così da poter scoprire la malattia nelle fasi iniziali quando ancora non presenta sintomi evidenti. In questo senso sarebbe auspicabile rafforzare ulteriormente il network tra medicina del territorio e centro ospedaliero specialistico per gestire al meglio il percorso di diagnosi e cura dei pazienti affetti da glaucoma”.
Diagnosi precoce con uno screening mirato per identificare precocemente le categorie a rischio partendo da test di base fino ad esami tecnologicamente innovativi e trattamenti efficaci possono salvare la vista e preservare la qualità di vita nella maggior parte delle persone con glaucoma.
“La pandemia ha inciso e sta incidendo fortemente sui percorsi oculistici di diagnosi e cura, poichè chi è affetto da patologie croniche, come il glaucoma, ha necessità di fare controlli ed essere seguito secondo un calendario di visite prestabilito. Fortunatamente la situazione è in via di miglioramento e questo ci ha permesso di poter riprendere la nostra attività di diagnosi e trattamento, intervenendo in prima battuta sui casi più gravi e poi a pioggia su tutti gli altri – dichiara il prof. Vincenzo Scorcia. – Presso il nostro centro, come nelle altre strutture specialistiche, cerchiamo di gestire al meglio il percorso di cura del paziente, valutando tutte le opzioni disponibili, sia mediche che chirurgiche. Di recente abbiamo introdotto nuove tecniche chirurgiche mini invasive che permettono di ridurre la pressione intraoculare, quando le gocce non sono più sufficienti. Essendo mini invasive, la procedura è meno complicata, non richiede punti di sutura e la gestione del post operatorio è più semplice rispetto alla chirurgia tradizionale, con un recupero della vista più rapido”.
Questa nuova tecnica chirurgica è molto rapida e si sta sempre più affermando grazie alla sua efficacia e sicurezza e alla sua minima invasività.
“Si tratta di una chirurgia mini invasiva che ha come ideale un paziente che non riesce più ad avere una pressione oculare compensata con la terapia medica, ossia le gocce – afferma il prof. Scorcia – Questo nuovo dispositivo permette d’intervenire anche in anestesia locale, riducendo il decorso post operatorio. I risultati finora sono molto buoni e i pazienti sono soddisfatti.”