Conoscere e preservare la propria fertilità è importante. Sono sufficienti dei semplici esami clinici e un corretto stile di vita. Occorre però essere informati e consapevoli di questo fin dalla più giovane età. Il confronto tra gli esperti è fondamentale ma lo è altrettanto portare il tema all’attenzione dell’opinione pubblica.
È con queste premesse che il Gatjc Fertily Center ha riunito a Gioia Tauro medici e ricercatori da varie istituzioni sanitarie italiane ed europee per un convegno che ha discusso i diversi aspetti della preservazione della fertilità e delle nuove strategie per il futuro.
Il tema è di rilevanza medica ma in egual misura sociale. L’età media a cui le donne italiane fanno un figlio è vicina ai 32 anni, mentre per gli uomini sale a 35. In Europa siamo “maglia nera”; nel continente, infatti, il dato anagrafico medio è attestato sui 29. Procreiamo poco – il dato e le sue delicate implicazioni sono noti – e in più lo facciamo tardi rispetto a tutti gli altri. La scelta di quando diventare genitori può essere necessitata o libera, ma se procrastinata nel tempo comporta inevitabilmente dei rischi, che tuttavia possono essere scongiurati o comunque prevenuti attraverso, appunto, la protezione della propria fertilità.
“Il Social Freezing – spiega il dottor Giacomo Tripodi, direttore scientifico del convegno – è stato il fulcro del confronto per la parte medico scientifica. La tecnica serve sostanzialmente a conservare i propri gameti. La novità rilevante è che un tempo essa era destinata a chi, soffrendo di patologie oncologiche, aveva la necessità di proteggersi dai rischi legati alle terapie anti tumore e al loro impatto sulla possibilità di procreare. Oggi, invece, la crioconservazione può essere utilizzata a più ampio spettro, anche in presenza di altre motivazioni, come ad esempio la necessità o la scelta di ritardare la procreazione. All’uomo – spiega ancora Tripodi – l’orologio biologico concede un tempo abbastanza lungo per procreare. Per la donna è diverso, perché la sua possibilità di procreare è legata a un determinato pool di follicoli sin dalla nascita, che nel tempo si vanno a depauperare non solo nel numero ma soprattutto nella qualità. Da qui l’opportunità di un confronto medico per conoscere le proprie condizioni ed eventualmente adottare le contromisure necessarie”.
Insomma, il rischio di diventare nel tempo un Paese di soli anziani c’è ed è concreto ma le contromisure non mancano. La ricerca e la sua applicazione fanno la loro parte ma occorrono “politiche”. Da questo punto di vista, lo ha confermato anche Giacomo Tripodi a margine del convegno, l’introduzione delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita all’interno dei LEA, i livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale, è stato un passo importante perché ha riconosciuto il valore non solo medico ma anche sociale della PMA. “Per Gatjc, che è un centro di eccellenza riconosciuto a livello internazionale – dice Tripodi – è un dato molto importante perché ci aiuta a superare le difficoltà che abbiamo riscontrato in Calabria per via del piano di rientro. L’immissione della PMA nei LEA determina adesso un quadro di omogeneità a livello nazionale e questo è sicuramente un bene, sia per i pazienti che per noi operatori sanitari”.